Sto bruciando un sole solo per dirti addio

Si è conclusa con la morte di Dorothy Parker la settimana decisiva mia e di Odisseo, si è conclusa con la morte nel cuore e anche a una persona meno simbolista di me, questo darebbe da pensare (è morta a mezzogiorno, mentre le leggevo poesie di Emily Dickinson ed Edgar Lee Master sulla morte come rinascita, la zampina fremente come una foglia al vento ma solo per un paio di secondi, poi niente più, che abbia sofferto solo quei due secondi? L’ho lasciata lì tutto il giorno, nell’oasi di acqua sull’isolotto con le palme, in cui ha scelto di morire. Ho pulito una scatoletta di formaggio cremoso con coperchio trasparente (volevo fare una foto ma no, è troppo triste) e ora l’ho messa lì, è la sua bara, andrò a tumularla sulle sponde di un un fiumiciattolo vicino casa mia).

Il resto del giorno è stato un continuo, costante, lento flusso di epifanie, neanche serva la morte per disvelare ciò che il furioso anelito alla vita nasconde. O è proprio così? La morte, anche nella forma minuscola di una tartarughina, fa aprire gli occhi?
Epifanie dunque, arrivate irrichieste mentre pranzavo con parenti o mentre ero fuori sotto il sole troppo caldo di Aprile o mentre provavo una giacca nera da indossare per un colloquio di lavoro (ne parlerò domani), ma soprattutto, mentre finivo di leggere “Le ore” di Cunningham. In questo caso in realtà è stato un bombardamento e sì che è un libro abbastanza noioso e non mi è piaciuto granchè! Nonostante ciò ognuna delle ultime pagine ha iniziato a svelare riferimenti a me diretti, risoluzioni drastiche di pensieri inquieti, verità che là erano, ma che non avevo la forza di accettare.
Si potrebbe azzardare la romantica ipotesi che il Destino abbia preso voce e sia voluto arrivare a me tramite le parole di un libro, o che la svolta cui anela la mia vita sia così carica di energie, da essere in grado di visualizzare vaticinii e profezie tra le trame dell’Universo di cui, volenti o nolenti anche questa palla di libro fa parte.
Tornando coi piedi saldamente piantati nel terreno, direi che più realisticamente sia stata la mia testa, annebbiata da una vita di letture, a romanzare il tutto, la mia coriacea tendenza a costruire sensi, connessioni e trame ovunque, a cercare segni sul percorso, a suggerirmi significati profetici laddove non c’è un’acca di niente.
E immagino che anche l’affascinante costruzione metanarrativa del libro abbia avuto la sua parte, queste cose stuzzicano e suggestionano abbastanza la mia testa già portata ai voli pindarici. Per dovere di critica: a parte la fascinazione della struttura della trama (Virginia Woolf che scrive “La signora Dalloway” e influenza così le mosse di donne lontane da lei nello spazio-tempo) e a parte che io adoro Virginia Woolf, questo libro ha uno stile stucchevole e vomitosamente femmineo (considerando anche che è stato scritto da un uomo), snocciale frasi pompose e racconta di cose inutili, il tutto in un urticante e prenne tono declamativo che no, proprio non mi piace, ma che gli ha reso un premio Pulitzer, quindi chi sono io per contestare?
Il percorso epifanico:

“Bene, allora. Vediamo. Stanza 19.”
Stanza 19 = Binario 19, il binario dove ho aspettato Odisseo e ci siamo visti per la prima volta e che il giorno prima mi aveva citato lui stesso, giacchè il treno che stava per prendere partiva appunto, da quello stesso binario 19. Mi ha mandato un messaggio, lui era lì e non poteva evitare di pensarmi e di pensare a quel nostro inizio numero due, a quei cinque giorni. Quei cinque giorni che hanno improvvisamente un sapore troppo esotico per essere associato al quotidiano che una storia d’amore vera e continuativa, forse anche banale nella sua routine, destinata a cristallizzarsi e a spegnere l’amore potente, non può avere. Al binario 19 mi ha lasciata quando sono ripartita da Napoli, quei cinque giorni sono un circolo che si apre e si chiude, dunque, non l’avevo capito finora, per me erano un inizio, l’incipit della storia. Il binario è una strada che porta lontano da lì, che può riportare indietro sì, ma quanti altri binari ci sono, quante deviazioni e stazioni e altri binari 19 da confondere con quello vero, unico e autentico? E anche tu che leggi, sei sicuro di non aver confuso il tuo binario 19 col  tuo VERO, AUTENTICO, UNICO binario 19, che non ti sia scelto un ripiego facendo finta che sia quello originale? No, perdersi sembra l’unica possibilità.

“Il corpo del tordo è ancora lì, minuscolo anche per essere un uccello, così totalmente privo di vita, qui al buio,come un guanto perso, questo piccolo vuoto mucchietto di morte. E’ spazzatura adesso.”
La mia tartarughina era morta appena appna, ed era lì davanti a me e queste parole erano sovrapponibili a me e a lei. La vita occupa spazio e poi diventa spazzatura. Tutta la vita è spazzatura quando è morte, tutte le cose morte sono spazzatura. Spazzatura viva in vita, solo spazzatura da morta. Esserci accende un fuoco che il non esserci estingue. Qualsiasi cosa ci fosse con Odisseo c’era e palpitava si sentiva, si allargava, mangiava spazio, prendeva posto nelle nostre vite. Ora c’è solo un residuo, come fosse morto, come spazzatura.

Va tutto bene, non abbiate paura. Tutto ciò che dovete fare è lasciarlo morire.
E’ tutto ciò che devo fare, lasciare morire questo sentimento che ancora è così vivo, che ancora occupa così tanto spazio in me? Come si fa a non morire sempre un po’ di più, a non far morire un po’ di noi ogni volta che dobbiamo far soccombere quella parte di noi che è nata e ha vissuto perchè legata a qualcuno, e questo qualcuno la strappa via e ci dice improvvisamente che no, deve morire, l’ho già fatto in passato e non c’è modo di uscirne se non ammazzando una parte di se stessi, come questa che è nata e vive grazie a tutto quell’ammasso di portentose sensazioni ed emozioni che sono solo mie e di Odisseo, che abbiamo generato noi e che nessuno assaporerà mai. Devo staccarmi da questo pezzo di me e metterlo in una scatola pulita di formaggio cremoso, come per Dorothy, fargli un funerale, degno di un eroe nordico, regalare la bara al fiumiciattolo finchè la piccola cascatella non la inghiotte. “Tutto ciò che devo fare è lasciare morire” me e Odisseo e fare il funerale che merita, degno di un eroe, alla parte migliore di me che sta morendo?

“I’m burning up a sun just to say goodbye”
“Sto bruciando un sole solo per dirti addio
E’ una citazione dal Doctor Who, è quello che ho provato, davvero, quando ho iniziato a dire addio davvero a “me e Odissseo”. La dice il Dottore quando apre un portale per una dimensione parallela, ma ha bisogno di un’energia tale che solo una supernova può dargli e fa quindi esplodere un sole per poter tenere il portale aperto il tempo appena bastevole per dire addio alla donna che ama, bloccata in irrimediabilmente in quell’ universo parallelo.
Ed è quello che sto facendo con Odisseo.

Decalogo dei dubbi a un mese da Odisseo

Scrivo questo post, con l’unico dichiarato intento di spurgare qualsiasi ansia, dubbio, timore lagnanza relativi al mio incontro con Odisseo, perchè oggi manca un mese all’incontro e domani inizierò il più teso dei conti alla rovescia della mia vita, il più tachicardico dei miei mesi, e non ho intenzione di rovinarlo riempendolo di dubbi e ansie.
Queste insicurezze saranno anche normali, ma non mi abbandonano, e non posso continuare a lasciarli fare a loro comodo, ho troppo altro a cui pensare. Vorrei inciderli nella roccia e seppellirli a kilometri di profondità nel punto più lontano dell’oceano per lasciarmeli alle spalle del tutto. Ma pare sia una pratica difficile da attuare, quindi li scrivo qui e spero questo blog che tanto bene continua a farmi, si attivi in una qualche magia, malìa, incantesimo o quel che è e se li tenga per sè, estirpandomeli fin alle radici, perchè se non li elimino, non solo rischio di arrivare all’incontro nervosa e negativa e quindi aumento le possibilità che vada tutto a scatafascio, ma potrei non cogliere e godere delle sensazioni più uniche che rare che una situazione così meravigliosa può offrirmi, di lasciarmi sfuggire questo incredibile mese di attesa (incredibile vista la mia piatta vita) e non viverlo come merita.

  1. L’impatto. Dio quanto lo temo. Quanto è importante, non ci siamo mai visti dal vivo, sarà stranianete, cosa devo fare? Cosa devo dire? Devo lasciarmi guidare dall’istinto? Ma questo mi renderebbe goffa e imbranata, perchè il mio istinto è saltargli addosso e baciarlo, ma come faccio a farlo subito?
  2. I discorsi. Che argomenti dovrei trattare? Abbiamo sempre parlato di tutto, e lui certo non è un chiacchierone, io quando sono nervosa sparo mille cazzate, ma in quel momento mi bloccherò e non saprò che dire e ci saranno silenzi imbarazzanti e io odio i silenzi imbarazzanti, quindi dovrei prepararmi degli argomenti per rimediare a situazioni di stallo? Rischio di rendere tutto troppo artificioso e negletto?
  3. I silenzi. Ci sono e ci saranno e non possiamo farne a meno, ci sono anche per telefono. Saranno diversi dal vivo? Come li devo affrontare? Come li devo riempire? Uno sguardo? Un gesto?
  4. Il contatto. Posso prenderlo per mano? E se non lo fa lui? Posso accarezzarlo, posso sfiorargli la guancia con un bacio, posso stringerlo? Quando è esatto iniziare a farlo? E se gli faccio schifo e odia il contatto con me come faccio a saperlo? Devo sottoporlo a questa tortura?
  5. L’aspetto. E’ una grande incognita. Potrei fargli ribrezzo e no, non farlo lui a me perchè ho visto le sue foto e mi piace e sì, anche lui ha visto le mie ma ero più magra quindi come faccio a non pensarci e non far sì che diventi un ostacolo? Come faccio a essere a mio agio? Potrei fargli schifo e in quel caso dovrei andare via prima dello scadere dei cinque giorni?
  6. L’intimità. Staremo insieme 24 ore su 24, 5 giorni su 5. Questo vuol dire che dormiremo anche insieme, ma io ho dormito solo una mezza volta con un uomo ed è stato un mezzo disastro, come faccio a creare un ambiente placido e simbiotico senza far in modo che sia carico solo di imbarazzi per entrambi? E se lo annoio? E se non riesco a costruire il feeling che ci lega ora o che comuqnue ci ha contraddistinti fin dal principio? Non so farci in queste cose, non sono una molto socievole, se non con chi conosco bene, mi trovo sempre a disagio e se dovesse capitare anche con lui? Lui! Lui, lui, lui che adoro!
  7. Praticità. Le questioni pratiche come fare una doccia o offrire la cena, come cavolo devo fare? All’inizio sarà una tortura, insomma già non sono brava in queste cose, ma non voglio che paghi sempre lui solo che non so come affrontare la cosa senza essere pesante e sarò dannatamente in imbarazzo quando dovrò fare una doccia le prime volte almeno, è casa sua! Come faccio a rendere leggero quel momento?
  8. Bagaglio. Non so ancora come vestirmi e cosa portarmi perchè spero di dimagrire un po’ e di decidere nella settimana di pasqua, -santa santa pasqua aiutami tu!- qualcosa che non mi faccia sembrare un botolo inguardabile e intoccabile, so già che se non perdo almeno qualche chilo sarò un botolo inguardabile e per me sarà un vero disastro perchè non riuscirei a essere me stessa, oltre a fargli ribrezzo…
  9. Speciale. Voglio che sia speciale, voglio che lui abbia un bel ricordo di me e di quei 5 giorni, non voglio che sia uno schifo totale se non dovesse andar bene, cosa mi invento?
  10. Sesso. Non so se arriveremo a tanto, se ci arriveremo immagino significhi che le cose vanno bene, quindi non ci spero molto e non ci penso molto. Anche perchè non saprei che cacchio pensare o fare, ma se c’è una cosa che so è che non voglio dormire nel mio letto, ma nel letto con lui, posso farlo o rischio di essere invadente e indesiderata, e come faccio a capirlo?
  11. Stephen King. Il mio stupido e-book reader sta impazzendo e non mi visualizza tutti i libri di King che ho scaricato e questo mi fa incazzare di brutto visto che sto in fase King dopo aver letto il suo splendido saggio sulla scrittura e non aspettavo altro che finire i concorsi per iniziare a leggerlo visto che non lo conosco proprio, avevo già l’acquolina in bocca e ora? Dovrei farmi passare la voglia! Sì vabbè, non c’entra molto con Odisseo, ma visto che mi stavo lagnando, mi lagno del tutto e non ne parliamo più!

Cioccolatini Rossi contro Cieli Grigi

Cominciamo col dire che ieri ho avuto una crisi di quelle portentose, e qui la finiamo.
Non voglio parlare della crisi e dei momenti di depressione e sconforto totali, non voglio soffermarmici più del dovuto, voglio solo buttarmele alle spalle così da poter credere che si sia trattato solo di uno sparuto momento nel percorso della mia corsa alla vita, che non sia importante, ma scolorito e passabile, che non lasci impronte nè nello studio nè nella dieta  e se ne vada a quel paese benedetto.

Ho una voglia matta e disperata di leggere e scrivere che non ne avete idea, ho voglia di purgarmi con nuove immagini, nettare i miei pensieri e vederli prendere vita nelle mie mani ma quel che DEVO fare è invece studiare studiare studiare etc.
Lo sa il cielo se devo e lo sa l’universo. Quando mi è capitata quella botta di culo immensa che ha spostato l’esame, gliel’ho promesso all’universo che stavolta non avrei fallito. E invece mi sa che sto fallendo. Siccome OGGI sono ancora in tempo, OGGI non devo fallire. Se si incazza l’Universo sono tormenti.

Quindi smetto di leggere di vite e pensieri altrui nei blog e di scrivere nel mio e me ne vado a studiare punto. Avrei bisogno di qualcuno che mi dicesse “Vai, Calipso, sei in gamba ce la puoi fare, auto-flagellarti non serve a nulla”, ma mia madre neanche ci pensa a dirmi una cosa del genere, ho provato a buttar lì il discorso ma si è girata dall’altra parte. Quindi cercherò di dirmelo da sola, il che è un po’ patetico ma i rimedi estremi non sempre sono un male, no?

E poi c’è una nota positiva, che stride in questa giornata, come un cioccolatino a forma di cuore in un involucro rosso sangue contro il grigiore saturo di lacrime (o di pioggia che è lo stesso), del cielo di questo 14 febbraio: Odisseo che mi chiama alle 8 di mattina per raccontarmi il gesto di affetto che ha avuto in mio onore il giorno degli innamorati. Una cosa del genere – anche se non è il mio ragazzo, anche se non ci siamo ancora visti, anche se tutti gli altri “anche” del mondo – quanti ciccolatini rossi vale? Bastevoli a far diventare rosso cuore quel cielo grigio pioggia?

L’amica perfetta dell’uomo che ami

Francamente?
Francamente, non so che fare.
E ora?
E ora Odisseo ha passato gli ultimi giorni muto e zitto al telefono tranne poi illuminarsi ieri sera per parlarmi dei pregi della sua amica. Che bei momenti.
Sì, lei è intelligente e acculturata e in carriera e la fidanzata perfetta del suo amico, lei cucina benissimo, lei conosce le lingue, lei legge e scrive libri, lei che sostiene conversazioni su Sartre e Simone de Beauvoir e l’esistenzialismo francese, lei che è ferratissima negli scrittori contemporanei e in quelli americani, lei insegna lettere al liceo, lei non dice mai sciocchezze lei, lei lei lei…
Lei, così perfetta e simile a lui, e io, povera scellerata, non sono niente in confronto, che posso offrirgli al mio Odisseo? Ho seriamente pensato che avesse una cotta per lei visto che mi ha confessato che tempo fa gli piaceva. Be’… ce l’ha? Come faccio a capirlo?

E’ comunque la ragazza del suo amico ma se ha una cotta per lei, io non ho speranze.  Che posso farci? Niente? Dovrei chiederglielo? O peggiorerei tutto?
Non sono brava (neanche) in queste cose, non ho esperienza e trovandomici dentro, seppur a distanza, mi rendo conto ora che una relazione di qualsiasi tipo sia, è un lavorìo costante, e che le incognite che la minacciano, le situazioni con cui si deve convivere e affrontare, le amiche tremendamente fighe con cui confrontarsi, sono perenni, continue, mille  e mille ancora. Lui è una delle mie prime volte mai portata a termine, non so come comportarmi quando penso qualcosa o ho un tale dubbio.
Come fanno i fidanzati?
Come fanno marito e moglie?
Come si fa a gestire l’atroce dubbio che lui, che desideri e ami teneramente, non provi più un sentimento per te che non sia noia e apatico trascinarsi nel corso di una storia persa?
Intanto cerco di ricollegare i pensieri sfilacciati da tutto questo studio disperato e quando stiamo al telefono, le conversazioni si riducono a un mucchio di frasi sconnesse da parte mia e sporadici grugniti da parte sua.
Mi sta sfuggendo.
Come nella storia del rombo e del pescatore, quando il mare da azzurro e sereno, evolve graduale nei toni e nelle forme della peggior tempesta, che strappa alla riva l’aggetto d’amore e lo trasporta lontano sballottolato dai flutti.

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